Tecnica della Corsa

Correre è un atto semplice, naturale.

Ma come per tutte le cose, c’è un modo giusto e un modo sbagliato per farle: questo vale anche per la corsa.

A correre si impara da soli. Le cose cambiano quando, però, si vuol passare dal jogging alla corsa agonistica, sia amatoriale che competitiva. A questo punto, infatti, bisogna saper correre in modo funzionale, il che comporta la conoscenza della biomeccanica della corsa. Praticare la corsa in maniera funzionale significa adattare la meccanica della corsa alla caratteristiche proprie della gara, per cui il velocista dovrà usare uno stile di corsa che permette di sviluppare una frequenza di passi la più rapida possibile, mentre il maratoneta adotterà uno stile che gli faccia spendere il meno possibile dal punto di vista energetico.

La meccanica della corsa influenza in maniera determinante la spesa energetica: i podisti che corrono in modo corretto e funzionale, infatti, hanno un consumo energetico inferiore del dieci per cento rispetto a quei podisti che hanno uno stile di corsa troppo dispersivo.

Per rendere la corsa più economica, rispetto al consumo energetico, bisogna agire sul dispendio energetico, scegliendo il giusto rapporto tra la frequenza e l’ampiezza della falcata e diminuendo: - i movimenti non necessari, agendo sulla tecnica e lo stile di corsa; - tutte quelle contrazioni muscolari non necessarie, imparando quindi a correre in modo agile e rilassato.

La conoscenza della biomeccanica e quindi, l’affinamento di un valido stile di corsa, risulta vantaggiosa per almeno due motivi: - a parità di capacità e di condizione, chi corre bene va più forte; - chi corre bene ha meno probabilità di andare incontro a quei disturbi infiammatori che talvolta colpiscono il podista.

Da osservazioni fatte in moltissimi podisti, si sono riscontrati diversi errati modi di correre: corsa con il busto inclinato troppo in avanti; corsa con un movimento rigido delle braccia, quasi bloccate; corsa “seduta” in cui il podista anche nei momenti di massima spinta, tiene il ginocchio piegato; corsa con appoggio frenato (l’appoggio avviene in maniera preponderante con il tallone); corsa con passi troppo lunghi e, quindi, con un eccessivo tempo di volo; corsa con spinta eccessiva quindi troppo saltata. I difetti che si riscontrano maggiormente sono quelli dovuti a una errata fase di appoggio e di spinta e si possono imputare in gran parte a un’insufficiente muscolatura degli arti inferiori o a una precaria mobilità articolare e a una quasi assenza di esercitazioni riguardanti la tecnica di corsa. Per la corsa di velocità é più “economica “ (ovvero efficiente e meno dispendiosa di energia) una corsa a passi lunghi; questo tipo di corsa risulta “nati-economica” a velocità ridotta.

Per ciascun podista esiste una lunghezza massima di passo, che dipende dalla lunghezza delle gambe, dall’elasticità e dalla forza dei muscoli, e dall’elasticità delle articolazioni. a lunghezza del passo richiede che l’azione non sia eccessivamente bassa. Forse l’errore più comune che commettono i giovani corridori o i podisti principianti è quello di cercare di allungare il passo mediante un’estensione della gamba quando è in posizione arretrata. Questa azione equivale ad una corsa “a balzi” (over-striding) che, oltre ad essere più faticosa, è anche meno efficace. L’oscillazione della gamba “dietro – in basso” deve essere più naturale possibile. Si deve porre attenzione alla spinta dei piedi a terra, che deve essere particolarmente energica; è qui che parte tutta la catena cinetica della spinta. Una volta completata l’azione del piede, bisogna concentrarsi nel proseguire l’azione della gamba facendo avanzare in modo marcato il ginocchio. Si deve portarlo allo stesso tempo in avanti e verso l’alto. Il movimento delle braccia in corsa è particolarmente ampio e forzato, a sostegno di tutta l’azione che in questo frangente è piuttosto impegnata.

Nelle distanze più lunghe del mezzofondo (5.000 e 10.000 m.) e fondo (maratona e maratonina), l’azione meno energica delle gambe determina un’assorbimento maggiore, da parte del tronco, della reazione prodotta; quindi l’azione delle braccia è necessariamente meno intensa. Effetto evidente è un certo aumento della rotazione delle spalle.

In una corretta azione di corsa, i movimenti delle componenti orizzontale e verticale devono risultare uguali intorno al centro di gravità del podista. In ogni caso, la testa deve essere mantenuta allineata al tronco poiché, ogni modificazione può causare notevoli effetti negativi nelle altre parti del corpo. La respirazione deve essere la più naturale possibile e deve essere effettuata soprattutto per via nasale.

Fonte: http://barefootrunning.fas.harvard.edu/index.html